Hughes AIM-54 Phoenix

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Dopo la cancellazione del progetto F-6D Missileer e del previsto missile AAM-N-10 Eagle, l’esigenza di un’arma adatta ad intercettare su lunghe distanze i bombardieri nemici si era fatta  pressante. Nel 1960 è iniziato così lo sviluppo dell’AAM-N-11, utilizzabile col nuovo sistema di controllo del fuoco AWG-9. Esisteva un progetto precedente adatto allo scopo, l’AIM-47 Falcon, già impiegato dall’intercettore sperimentale YF-12. Il nuovo missile era però più grande e pesante pur ricalcando le linee classiche della famiglia Falcon. Nel 1965 sono iniziate le prove, ma lo sviluppo del  vettore previsto, l’F-111B, è stato interrotto e sostituito col nuovo F-14 Tomcat. Il progetto del missile è proseguito con la nuova sigla AIM-54.  L’arma ha raggiunto la capacità operativa iniziale nel 1974.

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AIM-54A

Il primo modello del Phoenix, soprannominato “Buffalo”, era lungo 4,01 metri, con una apertura alare di 92,5 cm e un diametro di 38 cm, e pesava 443,6-447,7 kg. Il motore, pesante 199-212 kg, era un Rocketdyne (poi Hercules) Mk-47 Mod. 0 a stadio singolo da 1814 kg/sp con 163-170 kg di propellente Flexadyne (ISp 252) e una durata di combustione di 25-30 secondi, per un impulso totale di 44000 kg. I problemi di qualità e affidabilità iniziali, hanno portato alla scelta di un secondo motore da affiancare al precedente, l’Aerojet Mk-60 Mod. 0, montato fino al 1978, con propellente CTPB (ISp 250). Il Phoenix raggiungeva una velocità massima di 3,8 Mach a quote medie, e 4,3 Mach ad altissima quota su traiettoria loft. Poteva essere lanciato dagli F-14 in volo fino a 1,6 Mach, 14880 metri di quota e in fase di manovra a 6g. Il tempo di lancio era di soli 3 secondi. La portata nominale, vero punto di forza, era di 161 km (efficace 136), con una quota di tangenza di 24800 metri. L’F-14 poteva lanciare fino a 6 Phoenix. Il sistema di controllo del fuoco, l’AN/AWG-9  a impulsi Doppler, in modalità TWS tracciava fino a 24 bersagli contemporaneamente (18 visualizzabili), selezionando i 6 più pericolosi per poi attaccarli simultaneamente entro un raggio di 96 km. Disegnato per la difesa a lungo raggio contro bombardieri ad alta quota, poteva essere impiegato anche contro missili da crociera poco manovrabili come i Kipper, Kangaroo e Kitchen. Per i lanci a lunga distanza, solo contro questi bersagli,  il missile adottava una traiettoria “loft” in cui l’autopilota, pre-programmato, dirigeva il missile in salita ad altissima quota. Qui il Phoenix raggiungeva velocità di oltre 4 Mach (un AIM-54 è stato telemetrato a 4,4 Mach a 24000 metri), data la minima resistenza aerodinamica, e proseguiva il volo in crociera, con navigazione proporzionale. La batteria interna aveva una durata di 180-200 secondi (minimo 160). Il sistema DSQ-26  riceveva aggiornamenti periodici sulla distanza del bersaglio attraverso la guida semiattiva (SARH), col metodo PPM (Pulse Position Modulation) o Sampled Data Semiactive. Non era necessaria l’illuminazione continua: il sistema inerziale manteneva i parametri per 14 secondi, anche in caso di break-lock da ECM. Quando il Phoenix era giunto a 18,5 km dal previsto punto d’impatto (l’attivazione era selezionabile tra 11, 18,5 e 24 km a seconda della RCS del bersaglio), attivava il radar interno ad impulsi Doppler in banda I, con antenna planare di 33 cm, e si autoguidava sul bersaglio. La potenza media era di 25W, quella di picco di 75W. Il fascio radar di 6° scansionava un arco di 120°. Negli ingaggi a breve-medio raggio (da un minimo di 3,9 km di distanza fino a 25-50 km), di solito contro caccia,  il missile si dirigeva direttamente sul bersaglio, di solito senza aggiornamento dati a metà traiettoria, e attivava quasi subito il radar. Poteva distinguere bersagli separati di 90 metri. La testata  era una Mk-82 Mod. 0 “continuous rod” da 60,7 kg con raggio di efficacia di 15 metri, attivata da spolette di prossimità radar Downey Mk-334 con 4 antenne semiesterne, di prossimità Bendix IR, con portata di 15 metri, e ad impatto, nel gruppo DSU-28/A. Vantaggio: i modelli più vecchi di RWR non segnalavano la modalità TWS e  quindi non allertavano il pilota dell’attacco in corso. Il tipo di traiettoria rendeva il missile difficile da localizzare visivamente, ma la scia era notevole, un po’ ridotta nel caso del motore Mk-60. Ne sono stati prodotti 2566 tra il 1972 e il 1981, dei quali 284 per l’Iran privi di alcuni “modi” di funzionamento e con minori ECCM. 

Nel 1979 un pacchetto di modifiche, a seguito della rivoluzione in Iran, ha introdotto diversi miglioramenti volti ad incrementarne l’efficacia contro bersagli a bassa quota sul mare (RID=Reject Image Device), contro obbiettivi veloci ad altissima quota (HAP=High Altitude Performance), è stata migliorata la resistenza contro alcune ECM (EAG: Extended Active Gate) ed estesa la larghezza di banda di frequenza per evitare il disturbo. 

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Le prove del missile costituiscono una pietra miliare nella storia dei missili aria-aria. Il Phoenix nel corso di lunghi test si è dimostrato in grado di attaccare bersagli singoli o multipli, ad altissima quota come al livello del mare, contromanovranti, con impiego di ECM, a distanze di oltre 100 km. Nel corso delle prove, su 76 AIM-54 lanciati, i bersagli colpiti sono stati 57 (11 test non validi): una percentuale di successi dell’88 %. Fino al 1980 sono stati testati 155 missili con una percentuale di successi salita al 92 %. Nel 1983 sono stati colpiti tutti gli 11 missili Harpoon lanciati nel corso dei test.

Nel test contro bersaglio singolo alla massima distanza, un F-14A a Mach 1,45 a 13410 metri di quota, ha rilevato alla distanza di 245 km un BMQ-34E, che simulava un Tu-22M, a Mach 1,55 e 16000 metri,  con disturbatore radar. Il Phoenix, lanciato alla distanza di 203 km, è salito a 31500 metri di quota, per poi attaccare in picchiata. Il bersaglio è stato distrutto dopo che il missile aveva percorso ben 134 km.

Nella famosa prova multibersaglio, si è simulato un attacco con 3 QT-33 e 3 BQM-34, due dei quali supersonici, con amplificatori radar, su di un fronte di 28 km a quote tra 6700 e 7300 metri, tra Mach 0,6 e 1,1. L’F-14  in volo a Mach 0,78 a 8660 metri di quota, ha rilevato i bersagli a distanze tra 157 e 213 km. L’equipaggio ha selezionato i primi 3 obbiettivi, gli altri 3 sono stati suggeriti dal computer dell’AWG-9. L’F-14 ha lanciato una salva di 6 AIM-54 in 38 secondi, col primo lancio da 80 km e un minimo di 3,5 secondi di intervallo tra i lanci. Il malfunzionamento dell’antenna di un missile, ha provocato il break-lock su uno dei QT-33 (secondo alcune fonti, invece, la perdita dell’aggancio è stata provocata dal guasto dell’amplificatore radar di un BQM-34), che  non è stato considerato valido ai fini del test. Dei 5 bersagli restanti, 4 sono stati centrati (80 %).

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L’AIM-54  si è dimostrato capace di impegnare bersagli Bomarc in volo a 2,8 Mach a 25000 metri di quota  e missili da crociera a soli 15 metri. Come pure velivoli difesi da disturbatori sofisticati. Le capacità nel dogfight sono state testate contro un QF-86 in virata a 6g.  L’AIM-54 è passato a distanza letale dopo aver eseguito una manovra a 16g.

Le ditte coinvolte (Grumman e Hughes) avevano così dimostrato le capacità dell’aereo e del missile e ottenuto le commesse previste. Il missile aveva reso l’F-14 Tomcat il caccia più temuto dall’Unione Sovietica, i cui pianificatori dovevano ora affrontare un problema insolubile.

Una analisi obiettiva dei test avrebbe potuto evidenziare, però, diverse anomalie.

Il missile AIM-54 accelera lentamente e la massima velocità viene raggiunta solo al termine della combustione. Nei lanci a distanze elevate la salita alla massima quota implica un avvicinamento al bersaglio piuttosto lento e la scia è visibile a molte decine di km di distanza. Nel test  l’autopilota è stato modificato per far salire il missile a ben 31500 metri per  ridurre la resistenza aerodinamica al minimo. Il missile, lanciato da 203 km, ha richiesto ben 157 secondi dal lancio per raggiungere i 134  km (una fonte indica 173 secondi). Una velocità media di appena 2,9 Mach, nonostante il fatto che fosse stato lanciato dall’F-14 a 1,45 Mach e alla quota di 13410 metri.  Il BQM-34E bersaglio era in avvicinamento frontale a 1,55 Mach. Se avesse impostato una variazione di velocità, rotta, quota o si fosse perso nel clutter ?

Il test multibersaglio era stato, a dir poco, addomesticato.  I bersagli erano stati disposti ad arte, in coppie cadenzate con velocità tali  da presentarsi  tutti “all’appuntamento” coi missili in volo, al punto di convergere verso l’F-14 per non rischiare di uscire dal cono di scansione e annullare la prova. Le quote, le distanze, le velocità erano calibrate con le capacità del sistema di controllo del fuoco, con separazioni massime in quota di soli 1500 metri. Nonostante tutte le precauzioni, uno dei missili ha mancato un QT-33 a causa di un guasto all’antenna. Degli altri 5, uno è passato nel raggio letale e tre sono stati colpiti in pieno (2 QT-33 e 2 BQM-34). Il bersaglio più veloce, un BQM-34E a 1,2 Mach e 7300 metri di quota, è uscito di rotta ed è sparito dal cono di scansione. Il missile non è riuscito a seguirlo. Il ritardo nella scansione e nell’aggiornamento dati implicava che l’F-14, in un attacco reale, sarebbe stato ben all’interno della portata delle armi nemiche e avrebbe dovuto interrompere l’attacco, mancando quasi tutti  i bersagli.

Il fascio semiattivo (SARH) veniva diretto per un tempo limitato sul bersaglio (spot lighting), poi passava al successivo e così via.  Dopo aver fatto questo per tutti i bersagli, ritornava sul primo nella nuova posizione “stimata” dal computer.  Il problema era evidente:  se il bersaglio avesse cambiato rotta, il radar non lo avrebbe trovato e il missile non avrebbe potuto essere aggiornato. Una virata di soli 30° e una variazione di quota verso il basso provocavano immediato “break-lock” (beaming  manouever). Una maggiore separazione verticale dei bersagli obbligava a modificare il campo di scansione del sistema AWG-9. Velocità più alte rendevano difficile il tracciamento a causa del “timeshare” della guida SARH. Non ci è voluto molto prima che i piloti degli F-15 ed F-16, in esercitazioni congiunte, prendessero l’abitudine di “ignorare i lanci dei Phoenix“.    

L’esperimento è stato ripetuto  nel 2003: su 6 missili, 2 non sono partiti, 1 ha avuto un malfunzionamento al motore e solo 3 hanno funzionato come previsto.

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La prova di “dogfight” è stata eseguita contro un QF-86 a 0,8 Mach da 17,6 km di distanza. Il missile ha acceso subito il radar di autoguida.  4 secondi dopo il lancio, il bersaglio ha eseguito un rollio in picchiata a 5g, seguito da una violenta virata a 6g verso il basso (da 4500 a 2700 metri di quota) tentando il break-lock. Il missile lo ha raggiunto dopo che aveva già virato di 174°. Il Phoenix era a motore attivo e in piena accelerazione. L’F-86 non era un caccia in grado di sostenere manovre estreme senza perdita di velocità. Come si sarebbe comportato il missile dopo 100 km a motore spento contro un MiG-29 in virata a 9g ? L’AIM-54A era in grado di sostenere 18g a bassa quota ma la configurazione era simile a quella del Falcon e, unita al peso, precludeva una manovrabilità elevata.  L’attacco in picchiata migliorava le prestazioni terminali ma complicava la geometria di attacco e i problemi di clutter.  A bassa quota il missile non era nel suo ambiente naturale. La resistenza aerodinamica era molto alta e una manovra correttiva finale, a pochi metri dal suolo, poteva risultare impossibile.

Oltre a tutto ciò, il peso di 6 missili con i lanciatori arrivava a 3950 kg  impedendo non solo un atterraggio sicuro ma pure il decollo in condizioni di motore in avaria, obbligando all’impiego da basi terrestri. La resistenza aerodinamica, soprattutto quella generata dai piloni alari, era altissima, tanto da impedire il superamento di 1,6 Mach a 13700 metri di quota (1,7 Mach con 4 missili a 15250 metri di quota e 1,3 Mach a 4570 metri) e penalizzare enormemente l’accelerazione, la velocità di salita e l’autonomia, oltre  ad imporre l’uso del postbruciatore nel corso di ogni manovra di attacco. Così il Phoenix è stato quasi sempre trasportato in soli due esemplari, vanificando almeno in parte  le capacità multibersaglio. L’affidabilità dei missili impiegati nei test, non ha trovato riscontro nella produzione successiva. Si stimava nel 40 % la percentuale di missili funzionanti. Un rapporto al congresso del 1980 indicava, nelle simulazioni, una probabilità di successo non superiore al 50 %. A fronte di un costo che aveva superato i 750.000 dollari, con punte di oltre 1.000.000. La tecnologia del tempo (la stessa dello Sparrow) rendeva i missili troppo sensibili all’ambiente marino e di manutenzione difficoltosa. Spoletta e motori risultavano inaffidabili. Contro bersagli a bassa quota le capacità erano modeste. Nel 1980, si stimava un SSKP del 5 % contro missili antinave e del 10 % contro velivoli. La dotazione di missili, infine, era sufficiente per armare ogni F-14 con solo 4 missili e per una sola volta. Su ogni portaerei non vi erano più di 96 missili, spesso molti di meno.

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L’AIM-54A  Phoenix in combattimento.

E’ quasi incredibile che un missile di tali capacità non abbia quasi mai trovato impiego in combattimento, ma le ragioni sono evidenti.  Trasportato solo dall’F-14, non ha mai trovato i bersagli per cui era stato concepito. Le regole di ingaggio e il problema dell’identificazione sicura dei bersagli ne hanno impedito l’impiego sulle lunghe distanze. E a corto e medio raggio i missili AIM-7 e AIM-9 erano più leggeri, più manovrabili, efficaci e meno costosi. Così l’impiego maggiore è avvenuto con l’aeronautica Iraniana.  Per lungo tempo si è sostenuta la versione ufficiosa (ma passata per ufficiale) secondo cui i tecnici della Grumman avevano manomesso i missili e il sistema radar degli F-14, prima di lasciare il paese. Vi sono varie versioni della stessa storia ma poche prove concrete. Vi sono invece filmati del lancio e trasporto dei missili durante la guerra contro l’Iraq. Le vittorie dichiarate sono sicuramente esagerate, in un caso un missile avrebbe centrato 4 caccia in formazione serrata ! Ma il Phoenix è stato apprezzato ed è diventato l’incubo dei caccia iracheni, al punto che il semplice avviso di “aggancio“ degli RWR era sufficiente a provocarne la fuga.  Gli iraniani secondo le stime disponevano al massimo di una cinquantina di missili operativi ma un confronto con le dichiarazioni dei piloti porterebbe a un totale di almeno un centinaio. Gli iraniani hanno dichiarato 78 vittorie, compreso un C-601 Silkworm. I successi reali durante la guerra Iran-Iraq restano indeterminati. Nel 2002 le vittorie “certificate” attribuibili agli AIM-54 tra il 1980 e il 1988 erano limitate a 3 MiG-21, 1 Su-22M, 1 elicottero e un Tu-22, il cui abbattimento era stato  registrato da un AWACS. Il sito ACIG.org indica oltre 60 vittorie “certe” ma sembra faccia riferimento a dichiarazioni e testi non supportati da prove sufficienti. 

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AIM-54B

Nel 1977 è apparsa la variante AIM-54B, con l’obbiettivo di semplificare la produzione. Più semplice, aveva alette a struttura laminare invece che a nido d’ape, sistema di condizionamento termico/idraulico differente e sistema di navigazione modificato. Ma il missile non è risultato più economico e quindi non è entrato in produzione, fabbricato in soli 6 pezzi per i test a gennaio 1972. 

AIM-54C

Il missile necessitava di un miglioramento. L’evoluzione della minaccia richiedeva ora di affrontare bombardieri tattici, caccia e missili da crociera a bassa quota. A ottobre del 1976 è iniziato lo sviluppo dell’AIM-54C Improved Phoenix, secondo le previsioni 4 volte più potente del precedente e molto più affidabile, con le prime prove nel 1978. L’arrivo del regime islamico in Iran e la conseguente compromissione dei segreti dell’arma, esaminata dal KGB che ne aveva scoperto le frequenze di trasmissione, hanno accelerato lo sviluppo. La produzione in serie è partita nel 1982 con test operativi eseguiti l’anno dopo. Già nel 1984 la marina americana ha dovuto rifiutare una fornitura per pessima manifattura e carenze nei controlli di qualità e 150 missili sono stati ricostruiti a spese della Hughes. Come conseguenza, ancora nel 1985, vi erano solo 66 AIM-54C in inventario. La capacità operativa iniziale (IOC), conseguita nel 1986, non trovava riscontro nei continui ritardi che l’arma accumulava. I difetti erano a carico della spoletta, del motore, dell’elettronica interna. Di 318 AIM-54C  prodotti nel 1982-83,  240 (75 %) risultavano avere spolette inaffidabili. Diversi errori erano imputabili anche al personale. Nel 1987 è stata ridisegnata la spoletta FSU-10/A, che ha continuato a non funzionare. Risolti i problemi principali, nel 1988 è partita la produzione in grande serie, con test da completare entro il 1990. Il prezzo troppo elevato, secondo il Pentagono 3 volte superiore al reale, ha portato nel 1986 alla scelta di una seconda ditta fornitrice, la Raytheon: il prezzo, già calato da 796.000 dollari nel 1983 a 681.000 nel 1984, è poi arrivato a 500.000 dollari. Il missile era di nuova produzione o ricavato per conversione dei precedenti AIM-54A. Aveva un sistema di autodiagnosi (BIST: Built In Self Test),  il 15 %  di componenti in meno, ed era di più facile manutenzione.

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L’AIM-54C aveva una cellula di peso superiore, 464,5-471 kg (a seconda del modello). Era dotato di elettronica completamente digitale, più affidabile,  di un nuovo sistema di guida WGU-11/B, un processore di segnali riprogrammabile (RPM) e un nuovo autopilota con sistema Nortronics di navigazione inerziale strap-down. Questo consentiva una guida a comando-inerziale più precisa, simile a quella dell’AIM-120, con modulazione di frequenza lineare che forniva la distanza dal bersaglio e la sua variazione, con migliori prestazioni contro bersagli multipli ravvicinati e veloci ad alta quota. Il nuovo missile aveva un motore Rocketdyne (poi Hercules) Mk-47 Mod. 1 a stadio singolo, pesante 201 kg, con propellente HTPB (ISp 265), un impulso del 5 % superiore al Mod. 0, maggior accelerazione ed era quasi privo di fumo, rilasciando contrail più corte e meno persistenti. Secondo i dati pubblicati, la velocità massima arrivava a 5 Mach e, in caso di tiro diretto contro caccia, 3,9 Mach. Valori che non sembrano, in realtà, trovare riscontro. La quota di lancio massima era di 18290 metri. La portata efficace era superiore, da un minimo di 3,5 a oltre 148 km, grazie ad un profilo di traiettoria migliorato, con una tangenza operativa di 30490 metri. Scendeva a 92 km contro caccia e missili antinave, con una “zona senza scampo” di 37 km contro bersagli contromanovranti. Il sistema di navigazione DSQ-26 migliorato era unito all’ESCA (Electronic Servo Control Amplifier), che aumentava le capacità di manovra a 21g (25g oltre Mach 4). 

Le ECCM sono state migliorate con l’introduzione della modalità HOJ, per autoguidare il missile contro le sorgenti di disturbo. Era possibile anche il lancio fin dall’inizio in tale modalità, senza aggiornamenti intermedi, su rilevamento JAT (Jam Angle Track) con minore precisione.  Dal 1983 è stato dotato di una nuova testata di 60,7 kg WDU-29/B a frammentazione controllata  del 20-25 % più efficace. Il radar aveva un nuovo trasmettitore TWT, derivato dall’apparato dell’AIM-120, con ridotti lobi laterali, scansione su 120°, maggiore portata ed era in  grado di tracciare meglio bersagli in “beam aspect”. Le prestazioni nel “dogfight” sono migliorate grazie a un rilevatore di bersaglio e sistema di spolettatura radar Motorola DSU-28/B Doppler con 8 antenne interne, più preciso anche in presenza di chaff/jam e contro bersagli più piccoli (0,5 m2) a tutte le quote,  anche su terra e in avverse condizioni meteo. Calcolava la corretta distanza di scoppio anche contro missili in picchiata ad alta velocità. Nel 1984 è stato provato con successo contro un RGM-84 Harpoon. Successivamente, su una parte dei missili, la testata è stata sostituita con una Mk-311 a scoppio direzionale collegata al radar che, anticipando un possibile mancato impatto o un malfunzionamento della spoletta per clutter, proiettava le schegge in un raggio di 30 metri in avanti (modifica CMD contro missili da crociera), e poi una Mk-11 Mod.3 EA ulteriormente migliorata.

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AIM-54C+

Prodotto dal 1986, l’AIM-54C+ (Sealed o Dry Phoenix) ha inserito una SSRTU (Solid-State Receiver/Transmitter Unit) risolvendo il problema del  riscaldamento aerodinamico dei missili trasportati, con un sistema di compensazione interna della temperatura termoelettrico (ECU: Electrical Conversion Unit). Precedentemente era lo stesso F-14 a fornire il liquido necessario ad evitare il danneggiamento dell’elettronica, nei lanciatori LAU-93. Gli F-14D potevano montare i missili precedenti ma non potevano raffreddarli, cosa che imponeva alcuni limiti in volo. 

Nel 1988, il modello è stato dotato di migliori sistemi ECCM e ridefinito AIM-54C ECCM/Sealed. L’affidabilità complessiva era garantita del  66 % superiore a quella dell’AIM-54A.

AIM-54D

Avrebbe costituito un notevole miglioramento, con memorie riprogrammabili, miglioramenti alle spolette, trasmittente radar TWT a più alta potenza e nuova antenna, con raggio di rilevamento molto superiore. Provato con successo nel 1990, in un attacco frontale, non ha avuto seguito.

AIM-54C++

Dopo uno sviluppo iniziato nel 1987, dal 1990 al 1992 i Phoenix sono stati forniti di parte dei miglioramenti previsti per il modello D. Sono stati fabbricati circa 200 nuovi missili, altri sono stati ricavati per modifica dei missili esistenti. Talvolta indicati come AIM-54C++  o C “highpower” disponevano di un TWT con potenza 10 volte superiore a quello della variante AIM-54A. Il radar aveva maggior portata di aggancio e resistenza alle ECM, con più ampio spettro di frequenze e filtri che rilevano quelle non disturbate. Avevano nuovo software per il processore dei segnali e memorie riprogrammabili elettronicamente (RPM: Re-Programmable Memory) che permettevano il rapido aggiornamento software, cambiando i canali di frequenza-trasmissione, la velocità di scansione e il PRI (Pulse Repetition Interval), senza smontare l’intero missile. Prima il rimpiazzo richiedeva un anno. Le nuove memorie hanno rimpiazzato 45 chip sostituendoli con 6 ultraveloci, in metà spazio, con doppia memoria. 

L’AIM-54C in combattimento

Nel 1999 il missile AIM-54C è stato impiegato per la prima volta dagli Stati Uniti in un conflitto. Nella prima occasione 2 F-14D hanno lanciato da 100 km 2 Phoenix contro una coppia di MiG-25 in volo a Mach 2 che hanno subito virato allontanandosi fuori portata. Ma i missili, a causa di un errore di montaggio degli armieri, non avevano neppure acceso i motori. Nella seconda, un lancio alla massima distanza contro  un MiG-23 è andato a vuoto.

La produzione è terminata nel 1992 con oltre 5000 pezzi (2528 dei quali AIM-54C), a fronte di 7000 richiesti. L’elettronica era ormai “datata” e il missile vecchio. Diverse cricche scoperte nei motori avrebbero potuto provocare l’esplosione del missile al momento dell’accensione. Anche i modelli più recenti avevano ormai oltre 10 anni. Il missile ha lasciato il servizio nel 2004, prima ancora dell’F-14. E’ stato proposto invano per armare i P-3 Orion giapponesi e persino i bombardieri B-1. Anche la proposta per un F-15 modificato non ha lasciato i tavoli da disegno. Alcuni esemplari hanno ritrovato, di recente, nuova vita per ricerche aerodinamiche.

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Fonti

F-14 Tomcat (M.Spick)

Rockets & missiles (B. Gunston)

https://ntrs.nasa.gov/api/citations/20060004771/downloads/20060004771.pdf

https://www.heatblur.se/F-14Manual/weapons.html#aim-54-phoenix

https://www.key.aero/forum/modern-military-aviation/6000-simultaneous-attack-with-six-aim-54as?page=0

https://forum.dcs.world/topic/242774-about-the-aim-54c/

https://forums.eagle.ru/showthread.php?p=4203421

http://combatace.com/blog/5/entry-89-knight-syndrome-and-the-f-14-tomcat/

https://forums.spacebattles.com/threads/f-14d-vs-f-16e-bvr-combat.748573/

https://www.quora.com/Why-didnt-the-US-Air-Forces-F-15-Eagle-fighter-carry-the-extremely-long-range-and-high-speed-AIM-54-Phoenix

Aggiornato: agosto 2022

10 thoughts on “Hughes AIM-54 Phoenix

  1. Insomma, l’AIM-54 è un missile che -Iran a parte- non ha mai convinto pienamente. La maggiore ironia di tutto questo è che esso deriva dalla famiglia Falcon, nata nell’USAF, mentre l’USAF la abbandava totalmente prendendo i missili navali AIM-7 e AIM-9. Peccato che un F-15, anche con una versione SARH ‘economica’ del Phoenix, sarebbe stato se non altro capace di competere in gittata con l’F-14 (dev’essere stata una notevole scocciatura per i piloti Egodriver avere un radar comparabile in portata con i Tomcat, ma un quarto della gittata utile delle armi), e capace di abbattere a lunga gittata eventuali bombardieri sovietici…

    L’AIM-54C, almeno negli anni ’80, era una vera patacca, a quanto pare era fabbricato nettamente peggio del vecchio AIM-54A almeno come affidabilità generale.

    Io non avevo mai visto dati sulla spinta del missile Phoenix. effettivamente, è un missile che accelera sicuramente in maniera molto lenta.

    Comunque due domande restano: 1- il radar di ricerca è monopulse? E se sì, è entrato in servizio dopo l’R-23 Apex o prima di esso?

    2- come fa il Phoenix a sapere la quota a cui volare, ha forse un radar-altimetro?

    1. Sui missili AIM-54C la presenza di un sensore monoimpulso trova diverse conferme indirette. Non è così per i precedenti AIM-54A.

      I missili R-23 sono stati i primi ad impiegare la guida monoimpulso.

      Non so se sui Phoenix era presente un radar altimetro o un barometro. Una prima ricerca non ha dato risultati.

  2. Una cosa ancora: ma il motore del Phoenix che spinta ha? 202 kg di carburante per 27 secondi di combustione mi paiono molti, considerando che l’Aspide (o lo Sparrow) consuma 56 kg di carburante in 3,5 secondi. Sembra quasi un ‘cruise’ supersonico.

    Un’altra ancora: ma la Pk del 5-10% di abbattimenti, nonostante le prestazioni nei test, come è spiegabile?

    Quanto ai missili iraniani: secondo alcuni i Phoenix erano prodotti diversamente dalla linea di montaggio americana, in piccola serie con criteri quasi artigianali.

    1. L’AIM-54A ha una spinta di 1814 kg. La metà di quella dell’Aspide, con un carico di combustibile 3 volte e mezza maggiore applicato su una cellula che pesa oltre il doppio, con maggior resistenza aerodinamica. Il consumo medio è basso e l’accelerazione lenta e progressiva. La velocità aumenta sempre più, al contrario di un “cruise”.

      Il Pk del 5-10 % era contro bersagli a bassissima quota, notoriamente “difficili”, ma era anche frutto di cattiva produzione e scarsa affidabilità.

      I missili destinati all’Iran mancavano di alcuni “modi”di funzionamento e disponevano di minori ECCM. E’ possibile che siano stati prodotti su una linea “a parte”.

  3. Molto interessante. Ritorno a leggerlo con calma più tardi. Solo una nota relativa al combattimento del 1999 contro i MiG-25 Iracheni. In quell’episodio i due Phoenix si serrano regolarmente ma i motori non si accesero, non a causa di problemi tecnici del missile ma per un errore nel montaggio da parte degli armieri prima della missione. In seguito a questo epiodio la procedura di armamento del Phoenix fu rivista (fonte Aviation Classic – F-14 Special).

    1. Ricordo anch’io di aver letto di recente la stessa spiegazione. Sembra che l’episodio faccia riferimento al primo tentativo di abbattimento. E per quanto riguarda il secondo tentativo, ora le fonti riportano un solo lancio. Aggiorno periodicamente gli scritti, grazie per avermelo ricordato !

  4. Gian Vito, dopo il tuo assist nell’articolo su Tomcat vs. Eagle, mi sono diretto a questo, che misteriosamente in passato mi era sfuggito. Che dire: tesi esauriente e illuminante a proposito di un’arma senz’altro letale e affascinante che però forse da troppi commentatori e appassionati è stata considerata la prova definitiva del dominio del Tomcat su qualsiasi opponente. Le cose non stanno esattamente così evidentemente. E va detta un’altra cosa: l’AIM-54, a bordo dell’F-14, è stato concepito per un profilo di missione estremamente specifico: neutralizzare minacce ai gruppi di portaerei da parte di bombardieri, sul mare, a grande distanza, possibilmente senza asset amici nell’area di operazione. Non sarebbe servito a niente su un F-15, che invece era stato concepito per dominare i cieli dell’Europa Centrale contro nugoli di caccia del Patto di Varsavia, un teatro operativo talmente diverso da rendere l’operatività di una tale arma problematica a dir poco, se non impossibile. Non fa sorpresa che l’Air Force non abbia mai adottato nulla di simile, dopotutto.

    1. L’analisi dei vari duelli aerei nel tempo, dimostra che le portate reali di lancio sono sempre state ben al di sotto delle aspettative. Le cose ora sono cambiate, ma il Phoenix era frutto della tecnologia degli anni ’60, anche gli ultimi esemplari prodotti erano alquanto “datati” elettronicamente. Pensare di identificare con certezza un obbiettivo e abbatterlo a oltre 150 km di distanza è un qualcosa, ancor oggi, di estremamente discutibile, figuriamoci 30-40 anni fa. L’AIM-54 poteva tirare al massimo 18-25g con una NEZ (la portata senza scampo) stimata di una quarantina di km contro un caccia moderno. Dovrò aggiungere alcuni dati a questo articolo, ogni tanto li aggiorno…

  5. Buongiorno Gian Vito , mi è venuto un dubbio a proposito dell’intercettazione dei missili antinave .
    Negli anni 80 l’ URSS aveva messo in servizio la classe di sottomarini Oscar dotati degli SSN-19 supersonici. Realisticamente il radar del Phoenix/ Tomcat sarebbe riuscito a distinguere il bersaglio volante a pelo d’acqua con il clutter del mare ?
    L’ Oscar poi non era dotato di radar per guidare il missile , secondo wikipedia avrebbe dovuto riceve la posizione della portaerei da un satellite e lanciare in modalità inerziale. Tutto questo profilo d’attacco mi sembra molto macchinoso e ottimistico. Anche perchè così facendo il sottomarino ,dovendo stare a bassa profondità ,sarebbe stato un facile bersaglio.

    1. In teoria il rilevamento sul mare di bersagli a bassa quota non avrebbe dato problemi, al contrario di quello su terra, date le peculiari caratteristiche dell’AWG-9. Nella realtà sembra che la probabilità di colpire un missile antinave con un Phoenix fosse piuttosto scarsa. Peggio sarebbe andata per i sottomarini Oscar. Anche avessero impiegato un radar, il loro orizzonte visibile non avrebbe consentito un lancio da centinaia di km. Scordiamoci i satelliti. Perché la loro orbita consente una “finestra” temporale insufficiente e le navi possono cambiare posizione di decine di km in meno di 30 minuti. Il rilevamento e la guida intermedia sarebbero stati il compito dei Tu-95/142, a loro volta bersaglio primario degli F-14. Gli Oscar al momento del lancio sarebbero stati tracciati istantaneamente da sensori radar, infrarossi e sonar. Avrebbero avuto vita breve, sempre che fossero sopravvissuti ai Los Angeles in agguato davanti alle portaerei. Tutto questo avrebbe reso l’attacco estremamente incerto. Sappiamo bene che la guerra non si fa con le tabelle dei dati…

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