Gli effetti delle armi nucleari (terza parte)

Effetti elettromagnetici  

Le apparecchiature elettroniche sono soggette a tutta una serie di effetti negativi (TREE=transient radiation effects on electronics). Un attacco “Counterforce” può iniziare con diversi scoppi a quote elevate per impedire l’intercettazione ABM.

Radar Blackout: il calore e le radiazioni della Fireball ionizzano l’aria, rendendo una parte del cielo opaca ai radar in VHF/UHF, ma sono interessate tutte le frequenze tra 10MHz e 1 GHz, per oscuramento da fronte sferico di fiamma. Quelli ad alta frequenza, fino ai 10 GHz, sono meno soggetti e per un tempo inferiore. L’effetto cala velocemente e riduce le frequenze interessate appena la Fireball si raffredda. La durata varia comunque da decine di secondi ad alcuni minuti.

Oscuramento Beta: negli scoppi ad altissima quota (HANE=High Altitude Nuclear Explosions, oltre 50 km), è provocato dalle particelle liberate nel decadimento dei prodotti di fissione, a 60 km di quota, che viaggiano seguendo il campo magnetico. Raggiunta l’alta atmosfera ionizzano grandi aree. Uno scoppio da 1 MT può oscurare  i radar in un’area di 400 km fino a 5 minuti. Le radio HF sono interrotte per centinaia-migliaia di km da minuti a ore.

Power Blackout: lo stesso effetto fisico causa anche l’impulso elettromagnetico (EMP: Electro-Magnetic Pulse). L’aria ionizzata diventa elettricamente carica. Si generano correnti intense e campi magnetici, che disabilitano l’elettronica temporaneamente o permanentemente. L’EMP è forte negli scoppi sotto i 4000 metri. Moderato a quote intermedie, con un raggio tra 4,8 km (4000 metri) e 14,5 km (30000 metri), perchè l’aria assorbe i raggi gamma. Molto forte sopra i 30000 metri. Inizia con una scarica di raggi gamma, solo lo 0,3 % dell’energia totale  ma concentrato in pochi nanosecondi, che urtano gli elettroni dell’aria eiettandoli ad alta energia (Compton scatter).

Nelle esplosioni a bassa quota, sotto i 2000 metri, si crea un fortissimo EMP per 10 nanosecondi (SREMP=Source Region EMP). I raggi gamma emessi in basso, intrappolati pochi millimetri sopra la superficie terrestre, creano forti correnti elettriche verticali su frequenze fino a 100 MHz. La terra agisce come conduttore, gli elettroni tornano verso il punto di scoppio, producendo intensi campi magnetici lungo il terreno. Dura alcune decine di microsecondi. La forza del campo è alta vicino al punto zero, trascurabile per i piccoli ordigni. Il raggio varia tra 3,2 e 8 km. Ma si estende anche oltre, più debole, e aumenta con la potenza: per 1 MT, è forte fino al raggio dei 2 PSI (12,9 km). Il picco raggiunge oltre 100 kV/m e il campo magnetico oltre 4000 A/m. Nel primo decimo di secondo è presente un voltaggio tardivo sulle linee lunghe, difficile da schermare.

Le esplosioni megatoniche ad altissima quota producono un EMP molto più potente. Quando i raggi gamma incontrano gli strati d’aria densi in basso, producono elettroni ad alta energia tra 20 e 40 km di quota, che restano intrappolati nel campo magnetico terrestre, originando una corrente oscillante. Si forma una regione ionizzata inferiore, estesa fino all’orizzonte visivo che, a 500 km di quota ha un raggio di 2500 km, spessa fino a 80 km al centro. Il campo magnetico costringe gli elettroni a spiralare, creando potenti EMP verso il basso per alcuni microsecondi. Forti campi elettrici verticali (20-50 kV/m) si formano anche tra la terra e lo strato ionizzato. Sebbene il picco EMP sia al massimo il 10 % che negli scoppi al suolo, è costante sull’intera superficie. Genera correnti indotte nei cavi, nelle antenne, negli oggetti metallici (aerei, intelaiature edifici, reti elettriche, linee telefoniche, binari), con voltaggio superiore a un fulmine. I chip bruciano facilmente. L’effetto (E1) dura un microsecondo, ed è chiamato HEMP. Subito dopo, i raggi gamma deviati e quelli prodotti dai neutroni producono un segnale intermedio di meno di un secondo (E2). I frammenti energetici nella ionosfera, ionizzano la regione E, tra 90 e 130 km, con aumento del campo magnetico, che produce un debole EMP magnetoidrodinamico (MHD) ritardato (heave signal, E3), che induce correnti nelle linee lunghe, come elettrodotti, cavi telefonici, antenne, anche interrate. I sistemi militari sono protetti dall’EMP, ma è difficile predire gli effetti su cavi, connettori, hardware e periferiche.

Le apparecchiature elettroniche più sensibili all’EMP sono i computer digitali a circuiti integrati, a transistor e con tubi a vuoto, in ordine decrescente, e le periferiche connesse a internet, oltre a generatori, trasformatori, sottostazioni della rete elettrica, sistemi di allarme, TV e radio, radar, cellulari,  apparecchiature telefoniche parzialmente a transistor, trasmettitori-ricevitori a transistor, linee di comunicazione, sistemi fly by wire sugli aerei, relé, condutture, cavi e griglie metalliche, elettrodomestici. Tra quelle meno sensibili: equipaggiamenti con tubi a vuoto senza semiconduttori, intercom, telescriventi-telefoni fissi, relay, detonatori, lunghi cavi con isolamento.

Nel 1962 un’esplosione di 1,45 MT a 400 km di quota sull’isola Johnston, ha bruciato 300 lampioni a 1200 km di distanza, disattivato 100 allarmi, danneggiato elettronica a valvole, rotto un ripetitore radio, interrotto le comunicazioni HF (5-25 MHz) per centinaia di km, per un giorno. Nel 1962, nell’operazione K (test ABM) in Kazakistan, un ordigno di 300 kT a 290 km quota, ha provocato un EMP che ha fuso 570 km di linea telefonica con cavi sospesi, saturandola con oltre 2500A e provocato un incendio che ha bruciato la centrale elettrica di Karaganda e danneggiato 1000 km di cavi interrati con fusibili e isolatori per resistere all’EMP.

Esplosioni sottomarine: UndEx (Underwater explosion)

Sono impiegate contro sottomarini e navi, per il maggiore effetto contro lo scafo, che dipende dalla potenza, dalla profondità dello scoppio, da quella dell’acqua, dalla distanza dal fondo e dalla superficie, dal termoclino. Lo scoppio provoca una bolla di gas che attraversa cicli di espansione e contrazione. Il danno deriva non solo dalla prima onda d’urto, ma anche dalle successive minori. Le onde d’urto scuotono verticalmente lo scafo e possono persino rompere la chiglia. Le vibrazioni squassano i meccanismi e gli assi delle eliche, connesse ai motori, e tutti i componenti elettrici. Gli scoppi a bassa profondità si espandono più velocemente, quelli molto profondi e potenti, hanno periodi di oscillazione maggiori. Durante le oscillazioni la bolla di gas sale, perchè meno densa. Così non è mai sferica. Non vi è onda termica e la radioattività è ritardata, solo da fallout, e di durata limitata. Sulla superficie l’effetto è simile a quello provocato da una bomba di profondità, ma su scala enorme.

Le esplosioni possono avvenire in acqua bassa o in profondità, ma in termini relativi rispetto alle dimensioni dello scoppio. I valori di picco della pressione sono enormemente più alti, rispetto a un’onda d’urto nell’aria. A 900 metri da uno scoppio di 100 kT in acqua profonda, la pressione raggiunge 2700 PSI, contro pochi PSI in aria. Però la durata è minima: pochi centesimi di secondo. Se la profondità di scoppio (in piedi=ft) rispetto alla radice cubica della potenza (in kT) è meno di 35 ft/kT^0,33, la bolla raggiunge l’atmosfera, provocando un’onda d’urto. Scoppi più profondi non fuoriescono, ma la colonna d’acqua può causare un’onda d’urto minore. Solo oltre i 150 ft/kT^0,33, non si forma onda d’urto aerea. L’onda sottomarina arriva per prima, seguita da quella in aria.

Esplosioni in acqua bassa

Quando  l‘esplosione avviene troppo vicino al fondo, si forma un cratere, simile a quanto avviene sul terreno. La distanza dal fondo influisce molto sull’effetto superficiale. Diminuendola, gli effetti aumentano notevolmente. Se ne è avuto un esempio nel 1946 a Bikini, dove è esploso un ordigno di 23 kT a 27 metri di profondità, nella laguna profonda 60 metri. Dopo l’illuminazione dell’acqua, la bolla ha provocato un’onda d’urto supersonica che, dopo qualche km, ha rallentato alla velocità del suono in acqua,1600 m/s. Sulla superficie si è formato un anello d’acqua scura in espansione (slick), seguito da un’increspatura bianca (crack). Quando il diametro della bolla ha eguagliato la profondità, ha colpito il fondo marino e la superficie simultaneamente, scavando un cratere largo 660 metri e profondo 9 metri. In un secondo ha sollevato due milioni di tonnellate d’acqua e sabbia, formando un geyser (spray dome) in superficie. La bolla è poi salita in superficie, formando un’onda d’urto visibile come nuvola sferica di vapore. Si è poi stretta in un cilindro cavo (chimney), alto 1800 metri e largo 700 metri, con pareti d’acqua spesse 90 metri. Ha formato alcune onde, la prima di 29 metri a 300 metri dal centro, 1,8 metri a 6700 metri. Poi la colonna d’acqua è ricaduta, provocando una  nebbia (base surge) con raggio di 2800 metri, alta 550 metri, poi ricaduta come pioggia radioattiva per un’ora. Le navi entro 900 metri sono affondate.

Nel test Hardtack Umbrella, un ordigno di 9 kT è detonato a 46 metri di profondità. In questo caso si è formata una colonna che, in 20 secondi, ha raggiunto un’altezza di 1500 metri e un diametro di 1800 metri. L’esplosione ha formato un cratere di 900 metri di diametro, profondo 6 metri.

Esplosioni in acqua profonda

Nel test Wahoo, lo scoppio di 9 kT è avvenuto a 150 metri di profondità. Lo “spray dome” ha raggiunto i 270 metri. La bolla è fuoriuscita, formando getti d’acqua alti 520 metri. Il “base surge” ha raggiunto 2000 metri di raggio e 300 metri d’altezza, trasformandosi poi in schiuma.

Nel test Swordfish, un RUR-5A ASRoc, con testata W-44 da 10 kT, è esploso a 200 metri di profondità. Lo “spray dome” ha raggiunto i 640 metri d’altezza in 16 secondi,  il “base surge” successivo, un raggio di 1800 metri in 110 secondi, rimanendo visibile per 10 minuti, ma l’aerosol è rimasto presente per 20 minuti. La schiuma radioattiva si è dispersa poi lentamente.

Nelle esplosioni oltre 600 metri di profondità, la bolla si espande a velocità supersonica e subito collassa, perché la quantità d’acqua spinta, incomprimibile, aumenta col cubo del raggio. La pressione la fa collassare in una piccola sfera che rimbalza, espandendosi ancora, alcune volte, ma ogni rimbalzo ha solo il 40 % dell’energia precedente. Alla prima oscillazione una bomba molto potente crea una bolla con un raggio di 400 metri in 1 secondo, contraendosi, in 1 secondo. Diventa semplice acqua calda radioattiva in risalita in 6 secondi, ben prima di uno scoppio convenzionale.

Nel test Wigwam, un ordigno di 30 kT è esploso a 600 m profondità. Il raggio della bolla ha raggiunto 115 metri, con un periodo di pulsazione di 2,8 secondi, salendo in superficie pochi secondi dopo, formando una colonna d’acqua radioattiva alta 240 metri.

Gli effetti contro i sottomarini dipendono dalla distanza, dalla potenza e dalla profondità del sottomarino. I valori di pressione raggiunti seguono la formula (W^0,342)*K , dove W è la potenza in kT e K un coefficiente in metri variabile.  Per esempio, una bomba di profondità da 10 kT, svilupperà 2500 PSI alla distanza di: (10^0,342)*225,7=496 metri e, entro quel raggio, potrà causare danni gravissimi anche ad un sottomarino moderno, se immerso a grande profondità. Questo perché lo scafo, già sottoposto a pressione esterna, all’arrivo dell’onda d’urto, potrebbe cedere per superamento dei limiti strutturali. Ma effetti minori si estenderanno su un raggio 30 volte superiore.

Esplosione nello spazio

Sulla terra la densità dell’aria attenua molto le radiazioni, prevalgono gli effetti dell’onda d’urto e quelli termici. Nello spazio non vi è onda d’urto perché manca un mezzo (l’atmosfera) adatto alla propagazione. L’onda termica è completamente diversa, perché non vi è aria da riscaldare. La radiazione emessa è su frequenze più elevate (raggi X) e la durata, anche per potenze di 1 MT, è al massimo di 1 secondo, con un unico picco. Le radiazioni nucleari, invece, non sono attenuate in alcun modo, a parte la riduzione col quadrato della distanza. Il risultato è una emissione con raggio tra 8 e 17 volte superiore tra 500 e 5000 Roentgen. Per dosi minori il raggio d’azione è ancor superiore. Una testata di molti MT avrà un raggio letale radioattivo di centinaia di km. Le conseguenze su una stazione orbitante sono evidenti. Variabili gli effetti sui satelliti o sui veicoli di rientro degli ICBM.

Le testata W-71 dell’antimissile LIM-49 Spartan, da 5 MT, impiegava un tamper in oro per aumentare i raggi X “termici” emessi, ai limiti dello spazio, comportandosi come una testata a radiazione intensificata ERW (Enhanced Radiation Warhead). Il raggio massimo delle radiazioni era stimato di 150-370 km.  Aveva un raggio letale di 48 km, poi indicato in 19 km contro testate “soft” e 6,4 km contro quelle “hard”. I raggi X riscaldavano così rapidamente lo strato esterno degli RV da provocare onde d’urto che causavano il distacco o lo sgretolamento degli scudi termici, per provocarne la rottura al rientro. Oggi, però, i veicoli di rientro sono meglio protetti: l’RV degli SS-27 Topol-M  è in grado di resistere a radiazioni ed EMP da esplosioni nucleari a 500 metri di distanza, contro la decina di km dei sistemi precedenti.

L’importanza del CEP (Circular Error Probability)

Quando i bersagli sono puntiformi e protetti contro le esplosioni nucleari, con valori che possono arrivare a 700 ATM (10000 PSI) di resistenza, è necessario un impatto ravvicinato. L’ideale sarebbe che il cratere provocato dallo scoppio potesse comprendere il bersaglio, situazione difficile da ottenere. E’ possibile, comunque, massimizzare i risultati, con una adeguata spolettatura. Di recente le testate W-76 da 100 kT dei missili UGM-133A Trident II, nel veicolo di rientro Mk-4, sono state modificate per ottimizzare la quota di scoppio che, unita al CEP molto basso e al ricalcolo del punto di impatto, le rende molto più letali.

Attacco terroristico

E’ solo questione di tempo. Prima o poi un ordigno nucleare esploderà in una città, probabilmente negli Stati Uniti o in Israele. Di recente sono apparse analisi particolareggiate che, partendo dai dati ottenuti sperimentalmente, dimostrano che un ordigno “casalingo”, di potenza contenuta ma realistica, causerebbe comunque danni contenuti in una metropoli moderna. Si può ipotizzare una testata tra 1 e 10 kT montata, per esempio, su un camion. L’esplosione potrebbe avvenire in un parcheggio sotto un grattacielo. E’ chiaro che uno scoppio a quota zero non formerebbe il Mach stem, la riflessione del suolo, e incontrerebbe l’ostacolo di tutti gli edifici circostanti, in cemento armato, ogni 100 metri, con una resistenza valutata tra 7 e 15 PSI. Il raggio teorico risulterebbe più che dimezzato, con una distruzione totale entro 400 metri e media entro 600. Si formerebbe un cratere. L’onda termica e quella d’urto si potrebbero propagare lungo i viali liberi, quindi su linee precise, solo nel caso di uno scoppio al centro di un incrocio. Anche la radiazione nucleare risulterebbe assorbita dagli edifici. I servizi sanitario ed antincendio resterebbero sostanzialmente integri, consentendo un contenimento delle perdite. Numerosissimi sarebbero i feriti da schegge di vetro. La contaminazione locale risulterebbe notevole, entro i primi 100 metri. Ma il fallout distribuirebbe scorie radioattive per km, secondo i venti dominanti. Le perdite risulterebbero ridotte al 20% rispetto ad una esplosione in quota. Anche così, i morti potrebbero superare i 100000 in una città ad alta densità abitativa.

Diffusione ed esperimenti

Ad oggi, sono stati fabbricati oltre 130000 ordigni nucleari. Il picco si è raggiunto nel 1986, con oltre 70000 testate operative. Attualmente risultano in inventario poco più di 13000 testate, meno di 4000 quelle operative. Circa il 90% è posseduto da Stati Uniti e Russia. Gli altri paesi dotati di testate nucleari sono: Regno Unito, Francia, Cina, Israele, India, Pakistan, Corea del nord. Sono esplosi, secondo le fonti, 2056 ordigni nucleari, di cui 528 nell’atmosfera, oltre alle due bombe lanciate sul Giappone. Il costo di un ordigno nucleare, negli anni ’80 valutato 1 milione di $, ha superato i 20 milioni di $ per le attuali bombe B-61-12.

Fonti

The effects of nuclear weapons (1977)

Armi, strategie e disarmo (F. Calogero, da Scientific American)

Effects of nuclear earth penetrator.pdf

G:\E\Nuclear weapons\Effects of Nuclear Explosions.mht

https://www.atomicarchive.com/science/effects/

https://www.okieboat.com/How%20nuclear%20weapons%20work.html

https://nuclearweaponsedproj.mit.edu/nuclear-weapon-effects-simulations-and-models/nuclear-weapons-blast-effects-calculator/radiation

http://zvis.com/nuclear/nukimgs.shtml

https://en.wikipedia.org/wiki/Shock_factor

https://www.alternatewars.com/BBOW/Subsurface/Depth_Charge_Lethality.htm

https://www.hsaj.org/articles/97

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