Le origini di questo missile risalgono al dopoguerra con l’avvio del progetto XSAM-A-1-GAPA (Ground-to-Air Pilotless Aircraft). Dopo aver analizzato più di 100 modelli e 3 differenti configurazioni, la Boeing aveva selezionato un missile a statoreattori in grado di volare a 2,5 Mach e 24400 metri di quota. Nel 1949 l’USAF autorizzò lo sviluppo del nuovo “intercettore senza pilota” (progetto MX-1599) con l’obbiettivo di realizzare un sistema difensivo strategico a difesa degli Stati Uniti in grado di intercettare bombardieri e missili da crociera, a cui nel 1951 venne assegnata la sigla F-99. Lo spiegamento di missili a lungo raggio avrebbe permesso di coprire vaste aree con spese minori e poco personale. Il Michigan Aerospace Research Center (MARC) si unì alla Boeing nel progetto che da allora prese il nome di Bomarc. I test dell’XF-99A sono iniziati nel 1952 e proseguiti fino al 1955, all’inizio senza testata e sistema di guida. Seguiti poi dagli YF-99A. Nel 1955 si decise che non era opportuno mantenere la sigla F-99 per un missile, ed il Bomarc venne ridesignato prima IM-69 ed infine IM-99, da “Intercept Missile”. Nel 1957 la Boeing ricevette il contratto di produzione per l’ IM-99A Bomarc-A e venne consegnato il primo missile per iniziare una serie di 38 test fino al 1958. Il primo lancio operativo da Cape Canaveral è dell’ottobre del 1957 contro un bersaglio X-10 Navaho a oltre Mach 2 a 14600m con il missile arrivato a distanza letale. Nel 1959 il primo gruppo raggiunse l’IOC nel New York Air Defense Sector. Inizialmente erano previsti 52 siti con 120 missili ognuno poi ridotti, per problemi finanziari, a soli 16 con 56 missili. Ma nel 1960 i siti realizzati furono soltanto 8 negli Stati Uniti e 2 in Canada, armati ognuno con 28 o 56 missili.
L’IM-99A era simile ad un aereo a delta, per dimensioni poco più piccolo di un MiG-21. Lungo 14,26 metri e pesante 7090 kg, aveva una apertura alare di 5,54 m, un diametro di 89 cm ed una superficie alare 13,2 m2. Anche i limiti di manovra erano paragonabili: +7 e -7g. Era alloggiato in posizione orizzontale in speciali shelter collegati tramite cavi sotterranei ai centri SAGE a distanze tra gli 80 ed i 480 km. Il SAGE (Semi Automatic Ground Environment) era un sistema automatizzato usato dal NORAD per rilevare ed intercettare i bombardieri nemici. Permetteva il lancio remoto dei Bomarc, in una occasione addirittura da 2400 km di distanza.
All’arrivo del segnale di lancio, iniziava il riempimento dei serbatoi di alimentazione del booster a combustibile liquido, operazione che richiedeva 90 secondi. All’ordine di fuoco si aprivano i portelloni degli shelter type II (Coffin) lunghi 18 metri e larghi 13, con pareti di cemento di 30 cm e portelli spessi 56 cm, pesanti 15 tonnellate, rinforzati contro esplosioni ravvicinate. Il missile veniva sollevato in verticale ed iniziava il conteggio alla rovescia di 30 secondi. Il Bomarc partiva automaticamente per seguire la prima fase pre-programmata su traiettoria ellittica. A 1500 metri di quota si attivavano i due statoreattori. Il missile accelerava a Mach 2 sotto la spinta del booster Aerojet General LR59-AJ-13 da 16273 kg/sp per 41,2 sec. a propellente liquido con 654 kg di JP-X (JP-4 e UDH) e 2491 kg di acido nitrico (IRFNA). A 9500 metri si spegneva il Booster ed il Bomarc continuava la salita a 357m/sec sotto la spinta dei due statoreattori Marquardt RJ43-MA-3 sui lati inferiori della fusoliera da 4536 kg/sp alimentati con 717 kg di benzina ad 80 ottani. Raggiunti i 19800 metri con salita rovesciata, ad un comando da terra il missile con un rollio di 180° assumeva traiettoria G positiva. A questo punto, a due minuti dal lancio e 3706 kg di peso, iniziava la fase di crociera a quota e numero di Mach costante. Generalmente a 19800-20700 metri e a 2,6-2,65 Mach. Ricevuti i dati dei bersagli seguiti dai radar di ricerca FPS-3 o CPS-6B, il sistema AN/FSQ-7 del centro SAGE calcolava la migliore intercettazione. La guida intermedia era del tipo Command: un radar Mark X IFF/SIF seguiva il missile. I comandi di guida erano inviati attraverso trasmittenti UHF via data-link a 24 canali, correggendo la traiettoria e indicando quando salire o picchiare sul bersaglio.
Dopo 380 km e 9 minuti dal lancio, a fine combustione, il missile pesava ancora 3259 kg e l’energia cinetica accumulata consentiva il volo per altri 46 km ed un attacco “snap up” a 1,7 Mach fino a 22860 metri. Oppure l’attacco in picchiata. In questo caso l’elevata resistenza aerodinamica limitava la velocità a 1,2 Mach e, a causa del radar ad impulsi, la quota minima di intercettazione era di 3050 metri. Il raggio d’azione poteva così arrivare a 426 km ed oltre 10 minuti di volo. Se il bersaglio era a distanze inferiori era possibile l’attacco ad alta velocità: durante un test un Bomarc ha toccato 3,45 Mach e 32000 metri di quota.
Se il bersaglio avesse tentato manovre evasive, anche limitate a 2-3g, le contromanovre avrebbero impedito al missile di mantenere la crociera ottimale, riducendo il raggio d’azione. In caso di manovre a 1,5g costanti la quota di crociera calava a 19000 metri e l’autonomia a 324 km. A 2g i valori scendevano a 17000 e 278 km. A 2,5g si riducevano ulteriormente a 15850 e 203 km. Ecco perché il raggio medio garantito era di 280 km.
Un contatore interno calcolava il momento e l’angolo della picchiata. il radar era pre-orientato: il settore di ricerca e la portata erano controllati da terra durante la crociera. L’arma veniva diretta su rotta di collisione ma non era previsto l’impatto diretto.
A 16 km dal bersaglio un segnale da terra attivava il radar Westinghouse AN/DPN-34 ad impulsi che autoguidava il missile fino all’impatto. Poteva rilevare un bersaglio di 0,5 m2 RCS a 12 km, con fascio di +- 3° con range gate.
La testata di impiego abituale era la W-40Y1 mod 0/1 a fissione di plutonio con potenza nominale di 10 kT. Lunga 80 cm, larga 45 pesante 160 kg era fatta detonare tramite una spoletta a tempo e una di prossimità attivata dal centro di controllo. Un sistema di sicurezza impediva la detonazione sotto i 3000 metri. L’onda d’urto avrebbe disintegrato qualunque velivolo in un raggio di 1600 metri e lo avrebbe danneggiato gravemente entro 3200 metri. Ad alta quota gli effetti termici, radioattivi e l’EMP sarebbero stati anche più sensibili. Ma i documenti ufficiali parlavano di un “kill”assicurato di soli 900 metri di raggio. Ne furono costruite 340.
Era disponibile anche una testata convenzionale a frammentazione ad alto esplosivo di 151 kg, poi sostituita con una “continuous rod”. Entro 21 metri dal bersaglio era letale e la precisione stimata garantiva il 50 % dei missili entro 15 metri dal bersaglio.
Il combustibile era molto corrosivo e non poteva restare a lungo a bordo, così i serbatoi del booster venivano riempiti solo poco prima del lancio. Il processo era pericoloso e avveniva in tre fasi (acido nitrico, alcool e poi kerosene). I combustibili erano ipergolici, tendevano ad incendiarsi spontaneamente quando mescolati. Il Bomarc subì diversi incidenti. Il più grave (un Broken Arrow) il 7 giugno del 1960 quando un missile con testata nucleare prese fuoco a causa della rottura del serbatoio interno di elio. I sistemi di sicurezza impedirono la detonazione dell’innesco ma il calore provocò la fusione della testata. Il “coffin” fu ripulito e coperto di cemento. Il sito rimase operativo per i successivi dodici anni ma, dopo la chiusura nel 1972, l’area è rimasta “off limits” fino ad oggi a causa della debole contaminazione da plutonio.
Il Super Bomarc (Bomarc-B)
Già nel 1958 la Boeing aveva annunciato lo sviluppo del nuovo Bomarc–B con un booster a propellente solido, divenuto operativo nel 1961 assieme a più potenti ramjet. Diversi problemi con i nuovi statoreattori hanno ritardato il primo lancio di successo fino al 1960, con l’abbattimento di un drone supersonico Regulus II. Il programma di prove ha visto 35 lanci contro QF-80, QB-47 e Regulus II a 1,4 Mach.
La configurazione, a causa di una differente distribuzione dei pesi, era stata modificata: le ali erano in posizione più avanzata ed il missile era più corto, 13,8 metri. Il booster più compatto consentiva di imbarcare più combustibile per gli statoreattori. Le ali incorporavano più magnesio, risparmiando il 30 % del peso e la struttura pesava 30 kg meno del predecessore. Il peso al decollo era superiore: 7272 kg. Le batterie erano rimpiazzate con un turboalternatore. E l’elettronica a valvole era sostituita con quella a transistor. Anche gli shelter erano stati rinnovati col modello IV, molto più economico, con portelli in alluminio che scorrevano lateralmente e pareti più sottili in cemento prefabbricato. Il tempo di reazione del sistema era stato ridotto a soli 30 secondi.
Utilizzava un booster sganciabile Thiokol M51 da 19822 kg/sp per 32,2 sec. con 2942 kg di propellente fino alla quota di 12200 metri. I due statoreattori erano i più potenti ed efficienti Marquardt RJ43-MA-7 da 5216-5440 kg/sp (poi RJ43-MA-11 da 6350 kg/sp) con più propellente (1160 kg), provati fino a 3,95 Mach e 30480 metri di quota su un X-7. Le prestazioni erano di gran lunga superiori rispetto a quelle, già elevate, del modello A. La velocità di salita passava a 792 m/sec. La velocità di crociera passava a 2,7 Mach a 21640 m di quota. Introduceva la “low altitude search option” (LASO) con capacità di attacco a 12200 metri anche a breve raggio, subito dopo lo spegnimento del booster, alla velocità di 2,35 Mach. A fine combustione, con un peso ridotto a 3106 kg, il missile planava in picchiata ultimando un volo di ben 19 minuti ! Il raggio d’azione massimo era di 780 km ad alta quota e 520 km a bassa quota.
Il radar di autoguida era stato sostituito col nuovo AN/DPN-53 da 20 km di portata, primo sistema pulse-Doppler al mondo. In grado di seguire velivoli a bassa quota con discriminazione di falsi bersagli. Benché la testata convenzionale fosse compatibile, tutti i Bomarc-B furono armati con testate nucleari W-40Y1 modificate nel 1963, per problemi di sicurezza, con il modello 2. Nel 1961 il primo reparto ha raggiunto l’IOC, rimpiazzando la maggior parte degli A.
Nel corso dei test sono stati abbattuti con successo bersagli Regulus II a Mach 2. Nel corso di una intercettazione nel 1961, un IM-99B è passato a distanza letale da un Regulus II a 16700 metri e, comandato da terra, ha cambiato rotta dirigendosi su di un secondo bersaglio simulato a 30480 metri e 718 km di distanza. In un’altra prova un missile si è diretto contro un bersaglio simulato a 19800 metri a 1,6 Mach e, dopo 124 km, è stato dirottato verso un BQM-34A a 13700 metri a 0,8 Mach, abbattendolo dopo 291km.
Nel 1961 la forza operativa contava 242 Bomarc. Nel 1963, gli IM-99A e B furono ridenominati CIM-10A e CIM-10B, dove C stava per “Coffin”.
Lo spiegamento del Bomarc da parte del Canada è stato molto dibattuto. La sua acquisizione ha portato alla cancellazione del promettente intercettore Avro Arrow. Quando nel 1960 divenne chiaro che i missili avrebbero imbarcato solo testate nucleari, il governo Diefenbaker bloccò l’accordo. La disputa conseguente portò alla caduta del governo nel 1963. L’opposizione, favorevole alle armi nucleari, dopo la vittoria alle elezioni, ne iniziò lo schieramento. Le testate erano custodite a “doppia chiave”. I missili sono rimasti in servizio per dieci anni, fino al 1972.
L’arma non è rimasta a lungo in servizio. Dal 1962 è iniziata la trasformazione degli A in drone. Nel 1964 è iniziato il lento smantellamento della rete difensiva missilistica e sono stati chiusi i primi due siti armati con Bomarc-A. Nel 1969 anche i primi B sono stati disattivati. Gli altri sono rimasti attivi fino al 1972. I missili terminarono la carriera come drone bersaglio veloci con la designazione CQM-10A e CQM-10B fino ai primi anni ’80.
Il Bomarc era un missile costoso: l’IM-99A costava 500000 $ (350000 $ senza la testata nucleare), l’IM-99B invece 1150000 $. Notevoli anche i costi accessori: gli shelter type II costavano 230-270000 $ l’uno, ridotti a 70-100000 per il type IV, e i costi operativi annuali erano di altri 100000 $ a missile. Nonostante ciò sono stati costruiti 715 missili (366 A e 349 B) tra il 1957 ed il 1964.